Passa ai contenuti principali

Perché festeggiamo Natale il 25 dicembre?

“Ti sei mai chiesta come mai il Natale si festeggia proprio il 25 dicembre?”


Quasi tutti gli anni. Col tempo, con lo studio ho potuto notare come molte, se non tutte, delle feste che celebriamo hanno un’origine lontana, spesso più di quel che si pensi. L’ho notato soprattutto con le feste religiose.  Pensa al giorni d’Ognissanti: è stata sovrapposta a una festa pagana. Anche il Natale è nato così.


 Facciamo un salto indietro fino ad arrivare agli antichi Romani. Come saprai si trattava di un popolo pagano prima che il Cristianesimo venisse proclamato culto ufficiale dell’Impero. E saprai anche che pochi giorni prima del 25 dicembre cade il solstizio d’inverno. Questo periodo rappresentava un passaggio particolarmente importante per la gente la cui fonte di sostentamento principale era l’agricoltura, perché è da questo momento che le giornate riprendono ad allungarsi e l’oscurità lascia spazio alla luce, al calore e alla vita.

“Suona familiare”

Certo, ma continuiamo il racconto con ordine.

Dal 17 al 23 dicembre i Romani usavano celebrare le feste dei Saturnali, dedicate a Saturno, il dio dell’agricoltura. Durante queste feste si usava scambiarsi doni come segno di pace e prosperità, augurandosi che il periodo successivo avrebbe portato un rinnovamento.
I simboli utilizzati durante questi festeggiamenti erano quelli dell’eterna giovinezza di Dioniso, cioè il mirto, il lauro  e l’edera. 


“Siamo passati da Saturno a Dioniso?”

Sì, perché durante il solstizio d’inverno si festeggiava la sua rinascita come bambino dopo essere stato fatto a pezzi. Ma il nome che devi ricordare adesso è quello del dio Mitra, un dio orientale che si incarnò in una vergine e nacque nel solstizio d’inverno.

“Ma non stavamo parlando di Roma?”

Be’, sì, ma i Romani avevano anche contatti con l’oriente. Infatti il culto di Mitra, associato al Sol Invictus, sebbene fosse stato introdotto per la prima volta dall’imperatore Eliogabalo, si diffuse a Roma grazie ad Aureliano, che sconfisse la principale nemica dell’Impero, la regina Zenobia del Regno di Palmira, grazie all’aiuto militare della città stato di Emesa. Lui raccontò di aver avuto una visione del Sole di Emesa, che veniva a rincuorare le truppe romane in difficoltà. Portò quindi con sé, ritornando a Roma, i sacerdoti del dio Sol Invictus di Emesa e fece erigere un tempio al dio. Il 25 dicembre 274 venne consacrato il tempio con una festa chiamata Dies Natalis Solis Invicti. Col passare degli anni il Sol Invictus diventò la divinità più importante e la festa in suo onore venne inclusa negli antichi Saturnalia.


Per arrivare alla comparsa del Natale cristiano dobbiamo aspettare Costantino, il quale ufficializzò la festa della nascita di Gesù nel 330 e la fece coincidere con il giorno del Dies Natalis Solis Invicti. Dopo sette anni, nel 337, il papa Giulio I ufficializzò quella stessa data per conto della Chiesa cattolica. 
  
“Ma il senso della festa più o meno rimane lo stesso…”                                  

Considerando che si festeggia la vincita della luce sulle tenebre e il nuovo periodo di pace e prosperità, sì, potremmo dire che è così.

Commenti

Post popolari in questo blog

Storie di umanità nei conflitti mondiali: il Museo Civico di Manduria

  Immergiamoci nella storia moderna di Manduria e scopriamo come da una guerra possono nascere storie di collaborazione tra popoli di diversa lingua e cultura. Visitiamo insieme il Museo Civico di Manduria. Ti ho parlato spesso di Manduria in questo blog: ti ho accompagnato per le strade del suo centro storico , ci siamo immersi nella sua storia alla scoperta dei Messapi , abbiamo gustato il suo vino amato nel mondo , ti ho mostrato la bellezza del suo mare e delle sue meraviglie naturali . Oggi torno a parlarti della città del vino Primitivo per guidarti in un altro luogo custode della memoria dei manduriani. Ti porto a scoprire il Museo Civico di Manduria dedicato alla Seconda Guerra Mondiale. Read in English

Visita a Gioia del Colle: un itinerario

Un breve itinerario nel centro storico di Gioia del Colle alla scoperta dei suoi vicoli, delle sue corti e dello stretto legame con lo Stupor Mundi Read in English Sono sempre stata dell’idea che non sia necessario fare grandi viaggi per definirsi “viaggiatore” o per fare grandi scoperte. Anzi, spesso succede che proprio restando nei pressi di casa ci si stupisca di quello che si incontra.  La vita di tutti i giorni ci fa dimenticare che intorno a noi c’è tanto da scoprire e da imparare e di tanto in tanto è buona cosa avventurarsi con gli occhi di un turista in luoghi che “conosciamo”. Sono passata per  Gioia del Colle  miriadi di volte lungo il tragitto per raggiungere Bari da quando frequentavo l’università fino ad oggi e solo poco tempo fa sono riuscita a visitarla e dare un nome a quei monumenti che vedevo dalla strada. E pensare che dista solo mezz’ora di auto da casa.

L'estate di San Martino

A San Martino ogni mosto diventa vino Il periodo di San Martino ha un che di particolare: è autunno, ma il clima ti confonde con il suo tepore, il cielo azzurro gioca con i nuvoloni e tu non sai mai bene come vestirti; nonostante il tempo pazzerello, si passeggia volentieri nei boschi, sorprendendosi di tanto in tanto alla vista di un fungo o di un riccio carico di castagne; ci si aggira per le vie dei borghi con in testa la poesia “San Martino” aspettandosi di sentire “l’aspro odor de i vini”. L’ho sempre ritenuto l’estate di San Martino un periodo molto allegro in contrasto con l’immagine spesso malinconica che l’autunno si porta dietro. San Martino è la nota dolce che ti fa accogliere con un po’ di gioia l’arrivo del freddo.