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Federico II e i suoi castelli: il Castello di Barletta



È giunta la volta del castello di Barletta, un'altra delle famose fortezze di Federico II che facevano parte della rete castellare di cui abbiamo parlato nel post precedente. Per questa visita ho avuto l’ottima compagnia e guida di un amico barlettano, un ragazzo che mi ha trasmesso tutto l' amore per la sua città mentre mi portava alla scoperta del centro storico. Vedere un posto attraverso gli occhi di chi lo vive e lo apprezza, a parer mio, è il modo migliore per scoprirlo.

Tornando al castello, oggi è il punto nevralgico della vita barlettana, soprattutto durante l’estate. Basti pensare che si affaccia sul mare e durante la stagione calda una passeggiata sul lungomare è una regola.

Lasciandosi alle spalle le strade del centro storico e oltrepassando il campanile del Duomo, si apre la visione di questa fortezza, massiccia e imponente, una di quelle costruzioni che solo a guardarle ti fa sentire protetto da tutto. A fare da contrafforte a questa potenza c’è la delicatezza  del parco che lo circonda. Il verde delle piante e il sole accecante di luglio mettono in risalto la pietra chiara di cui è costruito il castello. Una bellissima cartolina che ti ridona la carica che il caldo inevitabilmente porta un po’ via.   

                             


Quello che vediamo oggi, però, non è, a differenza di Castel del Monte, lo stesso castello che ha ospitato il Puer Apuliae, ma il risultato di vari lavori succedutisi nel tempo per adattare la struttura ai voleri e alle necessità dei diversi signori che hanno governato in questa zona e degli sviluppi tecnologici, soprattutto in campo militare. Infatti il suo viaggio verso la forma attuale ha coperto i secoli dai XI al XVIII. Cominciato dai Normanni, che trovavano ospitalità in questo castello durante i loro pellegrinaggi verso il Santuario dell’Arcangelo Michele a Monte Sant’Angelo, acquisì importanza proprio grazie a Federico II, a partire dal 1194. Se i Normanni avevano pensato a una costruzione difensiva, il nostro Federico la trasformò in una vera e propria reggia per la corte e a partire dal 1228 periodicamente si fermò a Barletta.

Successivamente con il dominio Angioino, poi degli Aragona e infine di Carlo V d'Asburgo, il castello continuò a cambiare aspetto, spogliandosi degli abiti vecchi per indossarne nuovi, adeguandosi ai suoi inquilini. Così da rocca medievale con alte torri d’avvistamento divenne una fortezza più bassa e tozza con i suoi caratteristici bastioni angolari, studiati appositamente per proteggere al meglio il corpo centrale dell’edificio da cannonate e altri colpi da arma da fuoco, e un fossato in cui scorreva l’acqua del mare, isolando e difendendo alla perfezione il castello.


Dopo un doveroso preambolo storico, è ora di entrare. Mentre si attraversa il ponte verso il portone d’accesso il castello ti accoglie, sembra proprio invitarti a entrare. Insieme a lui, anche il custode fa in modo da metterti a tuo agio, spiegandoti nel dettaglio il percorso da fare per visitare il castello, facendo attenzione a indicare dettagli che altrimenti passerebbero inosservati. Questo è il caso della torre Angioina: la visita parte dai sotterranei; scese le scale, come ci ha detto il custode, non bisogna subito seguire il percorso, ma andare a sinistra. Eccoci nella parte del castello dove i d’Angiò fecero costruire una cisterna idrica – nella quale ancora scorre un po’ acqua – lì dove in precedenza c’era una torre normanna, circolare, di cui ancora si vedono le rovine.


Adesso si può seguire il tragitto indicato all’entrata dei sotterranei. Questa zona era prettamente a uso militare: su ogni parete, che ha uno spessore che va dai 7 ai 12 metri, ci sono feritoie dove venivano posizionati i cannoni. Ma ciò che mi ha lasciata più stupefatta sono state le casematte, degli stanzoni con una grande cupola al cui centro c’è un buco. La loro funzione era quella di eliminare il rumore e il fumo sprigionato dopo l’esplosione di un colpo di cannone. Solo questo a me basta per rimanere a bocca aperta. Ma è camminando attraverso la stanza che si resta incantanti come dei bambini: più ci si avvicina al centro, in corrispondenza dell’apertura, più  l’eco diventa presente  e vicina. Sembrava di parlare a un microfono!


Ritornando in superficie, è il momento di salire verso i piani alti. Dal cortile interno una scala porta alle torri, da cui si vede il mare e il porto da un lato e Barletta, con il campanile del Duomo che svetta tra le case del centro storico dall’altro.


























Lassù ci si sente liberi: il profumo del mare, il vento che ti scompiglia i capelli lasciandovi un velo di salsedine, ti fanno dimenticare tutto. Ci sei solo tu, qui e adesso. Il resto può aspettare …. Finché non ti ricordi che hai il resto del castello da visitare e allora giù di nuovo nel cortile.




Attualmente il castello ospita la Biblioteca comunale, il Museo Civico, funge da sala convegni e ospita mostre. Al momento c’è una mostra fotografica in memoria del salvataggio dei soldati serbi a opera della Marina Militare Italiana durante la Prima Guerra Mondiale. Sono immagini toccanti, che evidenziano l’orrore della guerra, che ti chiudono lo stomaco in un misto di compassione e disapprovazione per la stupidità umana, ma sono prova anche della solidarietà che contraddistingue le Forze Armate italiane e non puoi che sentirti fiero di essere protetto da persone del genere. Sul testo riportato a spiegazione dell'accaduto si legge che questa operazione "rappresenta la prima vera missione umanitaria italiana, gestita da militari con il compito di stabilizzare e portare la pace e che ha gettato le basi per l'amicizia tra l'Italia e la Serbia".


E parlando della Prima Guerra Mondiale, c’è un aneddoto che prova la grande resistenza del castello di Barletta. Allora gli austriaci si rifornivano di viveri proprio qui. L’Italia ancora non era scesa in guerra. Dopo un rifornimento e dopo essere salpati, arrivò la comunicazione che l’Italia era appena entrata in guerra. Senza perder tempo gli austriaci attaccarono il castello con delle cannonate, ma questo resse e ne uscì indenne. A quanto pare svolgeva e svolge egregiamente la sua funzione anche a distanza di secoli. 


La mostra occupa solo una stanza. È da vedere il Museo. Il pezzo forte è il busto di Federico II, risalente al XIII secolo, che pare essere uno dei pochi ritratti dell’imperatore, oltre a quelli sulle monete. Leggenda narra che venne trovato in un bosco e che venisse usato come bersaglio per esercitarsi con i fucili e questo sarebbe il motivo per cui è un po’ tutto “spallottolato”.
Sarà anche tutto “spallottolato”, ma conserva lo stesso quella fierezza e quel cipiglio pari a nessun altro.

Quando sono uscita dal castello mi è sembrato di essere tornata da un viaggio nel tempo. È stato come attraversare nel giro di un paio d’ore i diversi periodi storici, dal Medioevo fino ai giorni nostri. Se poi penso che in quel luogo, che io ho semplicemente visitato come attrazione turistica, sia stato per la gente del passato un posto dove vivevano quotidianamente le proprie giornate, tutto acquista un aspetto diverso, più reale, più autentico. Sembra quasi che le pietre stesse ti raccontino una storia, la loro storia.

E anche questo castello ha lasciato il segno, diverso da quello di Castel del Monte, com’è giusto che sia. È un’ulteriore dimostrazione che ognuno di questi castelli ha una sua “personalità”.                

Il costo della visita è di 3 euro. Con lo stesso biglietto è poi possibile visitare la famosa Cantina della Disfida, di cui parlerò successivamente in un altro post.


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